Gli scambi, quelli belli
Alessandro e Ulisse sono arrivati all’aeroporto di Maputo alle 6 del mattino di un giovedì d’agosto. Gli allenatori della Magoanine B, Milton, Pepe e Coach sono andati a riceverli in aeroporto: “Andiamo con le magliette di Rugbio, così ci riconosceremo subito”. Io avevo il compito di preparare la colazione di benvenuto (colazione qui si dice mata bicho, che vuol dire uccidere la bestia).
Sono arrivati con delle valigie graaaandi, che Ale non vedeva l’ora di aprire per farci vedere tutto quello che Rugbio ci aveva portato: palloni, divise, conetti, pettorine, scarpe, fischietti, medaglie, e soprattutto, un sacco di idee e di buoni propositi. I sostegni, quelli veri.
Noi di Magoanine B abbiamo approfittato della visita di Alessandro per organizzare il primo torneo di rugby nel nostro campo alla scuola primaria del quartiere.
In verità il torneo è nato come uno scherzo quasi, e poi invece gli allenatori hanno preso l’idea sul serio, e in un post-allenamento mi hanno detto: “Boss, con il torneo noi lanciamo la prima pietra di una nuova storia, facciamolo bene”. Milton, Pepe e Coach si sono occupati della gestione sportiva – invitare le squadre ospiti, programmare le partite e l’arbitraggio – e io invece mi sono dedicata alla logistica con il quartiere – coinvolgere e chiedere l’appoggio della scuola e del Segretario di zona, i trasporti, e il terzo tempo.
Ragà, è stato davvero figo!
Alle sette e mezza di sabato mattina ci siamo incontrati al campo della scuola con le atlete, per pulire il campo dai rifiuti e dalle pietre nascoste sotto la sabbia. Alle 8 sono arrivati il pick up con dj e materiale acustico annesso, il direttore pedagogico della scuola con una ventina di sedie per il “pubblico istituzionale” (i chefe de quartierão, cioè i rappresentanti degli “isolati” del quartiere) e il Segretario del quartiere con la macchina carica di bibite e brioche (cento, per l’esattezza).
La squadra ospite, il Mafalala categorie sub10 e sub12, accompagnati da Milton, Pepe e Coach hanno avuto un imprevisto con il pulmino che si è fermato nel mezzo del cammino e hanno ritardato un po’, ma Alessandro in tre minuti ha organizzato un allenamento con quaranta ragazzine esaltate (e poi ha commentato, “ste ragazzine hanno del potenziale, ma sono un po’ indisciplinate”, cariche come delle molle erano), e per le 9 il torneo è cominciato.
Ad assistere c’erano un sacco di bambini, qualche genitore e fratello delle atlete, e una ventina di rappresentanti del quartiere sulle apposite sedie che hanno chiesto, prima di cominciare il torneo, che gli allenatori facessero una piccola dimostrazione di rugby per poter capire, per lo meno, come è che si fa gol, quando battere le mani e quando no.
A nostra insaputa, le ragazzine avevano preparato un sacco di cori per la tifoseria, e per tutta la durata delle partite praticamente non hanno mai smesso di cantare. C’erano sei squadre in tutto: 4 di Magoanine (allenando 40 ragazzine…) e 2 di Mafalala.
È stata un’escalation di energia: prima si sono sfidate due squadre di Magoanine, le più giovani e più recenti; poi i sub10 Magoanine contro Mafalala, abbiamo perso, ma l’entusiasmo tra le giocatrici e tra le tifoserie è rimasto alto. L’apice è stato la partita sub12 Magoanine-Mafalala, una partita intensissima. Alla prima meta del Magoanine i tifosi hanno invaso il campo e interrotto il gioco per circa tre minuti. Figuratevi quando abbiamo vinto 4 a 0! Un’esplosione di gioia, di urla e di battiti di mani. Tutti in mezzo al campo a cantare, con Milton all’arbitraggio che protestava: “Non così! Prima si fa il corridoio di ringraziamento con gli avversari e poi si festeggia”. Ma niente da fare, eravamo già là in mezzo a gridare “danza famiglia Mbunha, danza famiglia Mbunha!” perché sì, dovete sapere che le bambine della squadra dicono che fanno parte di una stessa famiglia e si sono date un cognome, che è Mbunha. Danza famiglia Mbunha, danza famiglia Mbunha!, dicevano le voci e il battito delle mani e il pestare dei piedi. Una felicità immensa.
Così sfrenata che abbiamo pure dovuto invertire il programma del torneo, facendo un piccolo terzo tempo prima di continuare con le partite perché c’era troppa confusione. Abbiamo chiesto al dj di sparare la musica a palla così i bambini avrebbero ballato e si sarebbero sfogati un po’ prima di rimettersi a giocare. Avevamo previsto altre due partite con squadre ibride, ma le nostre non la smettevano di gridare e quelli del Mafalala erano pure un po’ incazzati. E così abbiamo fatto, una mezz’ora di delirio musicale e balletti e poi altre due partite più tranquille mischiando gli atleti di tutte le squadre, per concludere con la premiazione e la merenda. Per mezzogiorno siamo tornati tutti a casa, con quella stanchezza pervasa di entusiasmo e con una punta di saudade, di quella malinconia del tutto già finito, che è stato così bello che vorresti essere lì ancora. A giocare a rugby per stare insieme agli altri inseguendo la stessa meta, e poco importa che il suolo sia di sabbia, di erba o di terra. Una meta è sempre una meta. E per raggiungerla ci serve il sostegno in campo, e il nostro campo ora è largo tredicimila chilometri.
Tra le canzoni inventate dalle ragazzine di Magoanine per il torneo ce ne è una che ci ha particolarmente emozionato. Hanno parafrasato la strofa di una canzone della lotta d’indipendenza mozambicana – è un canto rivolto ai bambini invitandoli a sedersi intorno al fuoco e ascoltare i racconti dei combattenti, per imparare come si difende la libertà e a lottare per una nazione indipendente. Seguendone la melodia, le ragazzine hanno creato una versione che parla di rugby e placcaggi. Dice così:
Os meninos a volta da fogueira,
vão aprender a jogar a rugby,
vão aprender como se placa uma pessoa,
vão aprender o passe para atrás*.
I bambini intorno al fuoco
impareranno a giocare a rugby,
impareranno come si placca una persona
e impareranno il pass all’indietro