Al centro sportivo ci aspettano altre 3 squadre, rispettivamente Costa do Sol, Mafalala, Kongolote e Laulane (sono quartieri di Maputo). È un torneo amichevole di rugby touch, della durata di una mattinata; il campo era suddiviso in altri 3 campi, ciascuno occupato da una squadra di ogni quartiere. Quindi 4 squadre per campo che creavano un girone. I vincitori dei gironi si sarebbero poi incontrati tra loro per disputare le finali.
Le nostre giocatrici rimangono subito turbate da due fatti:
Tia Irene, ma le altre squadre sono di tutti maschi
e
Ma loro sanno giocare per davvero!
Ottime osservazioni, in entrambi i casi. Eh sì, le altre squadre esistono già da un paio d’anni quindi sanno giocare meglio di noi; e, non si sa perché, sono il contrario di noi, e cioè 7 maschi e 1 femmina per ogni squadra.
Ma, per fortuna, le nostre ragazzine rimangono sì turbate, ma non intimorite. Anzi, non vedono l’ora di entrare in campo. Io rimango sorpresa da quanto siano agguerrite, non me l’aspettavo!
L’arbitro fischia e loro si dispongono lungo il campo. Il senso del gioco lo abbiamo imparato mercoledì, giusto tre giorni prima. Ma creano una linea di difesa inespugnabile. Si avventano sugli avversari gridando tooouch!! Con le sopracciglia aggrottate per lo sforzo e per la concentrazione (e per il sudore, che comunque i trentacinque gradi non ci abbandonano mai).
Non so perché ma stiamo simpatiche a tutti, quindi gli allenatori delle altre squadre fanno a gara per accompagnare le nostre ragazzine e dargli suggerimenti durante il gioco. Uno diverso ad ogni lato del campo.
Provano i passaggi, provano a risalire il campo, sono davvero impavide e coraggiose, considerando che conoscono un terzo delle regole del gioco. Infatti ci eravamo dimenticati di dirgli che non si discute con l’arbitro, e ad ogni palla giudicata della squadra avversaria, loro si avventano sull’arbitro coi ditini indici puntati in segno di rimprovero e discutendo a gran voce.
La prima partita la perdono, com’è normale che sia. Fatima non ci può credere e scoppia a piangere, Pepe ci crede ancora meno e corre ad abbracciarla stupito, in un nanosecondo la tenerezza trasforma le urla incazzate delle giocatrici in pianti e abbracci pieni di emozione.
Le carichiamo, gli spieghiamo, le incoraggiamo, e tornano in campo. Vabbè, perdiamo tutte le partite ma all’unica meta che riescono a segnare è un successo clamoroso, ci rincorrono urlando “abbiamo fatto goool!!” e in quel momento poco importa che sia meta e non gol, quel che conta è quella felicità straripante che ti sale dalle caviglie e esplode nelle braccia e nella voce, e ti fa sentire il campione della giornata se non la migliore squadra di tutti i tempi.
Intanto, mi accorgo pure che le nostre giocatrici hanno già un sacco di spasimanti e, tra una partita e l’altra, riescono a far nascere spontaneamente delle partite e giochi paralleli a bordo campo.