È stata una giornata all’insegna delle novità: prime corse coraggiose per sconfiggere la paura del buio alle 5 e mezza del mattino per presentarsi all’appuntamento a scuola; trovare sotto l’albero – non di Natale, ma quasi lo sembra per tutti i regali che ci sta offrendo! – le magliette nuove di Rugbio da indossare, e anche due ragazzi sconosciuti che si dicono accompagnanti della squadra (mano Luis e mano Elias, due giovanotti assistiti dalla Casa Famiglia in cui lavoro e assoldati, per tutto l’anno, come accompagnatori ufficiali della squadra per le trasferte in città); il viaggio nell’autobus di linea stipato di gente, e qui la novità è stata per gli altri passeggeri che hanno dovuto sorbire ventisette ragazzine che hanno cantato per tutto il viaggio, e cioè per un’ora buona; catapultarci, alla nostra fermata, sul marciapiede e cominciare a correre verso il campo (eravamo estremamente in ritardo) senza smettere di cantare, entrando così a grande effetto nel centro sportivo, con le altre squadre che ancora non ci conoscevano ma che già ci volevano bene; le nostre prime due partite di campionato, l’adrenalina dell’attesa, del viaggio, dello scendere in campo, consumata in 10 minuti di gioco. “Ma come? Abbiamo già finito? Noi vogliamo giocare ancora e ancora!”, protestavano le ragazzine; abbiamo perso (ma questa non è una novità) però con stile e soprattutto con un sacco di seguaci – pare che in 10 minuti di gioco le bambine abbiano fatto una strage di cuori.
Alle otto e mezza avevano già finito di giocare, ma hanno chiesto di restare fino alla fine della giornata di campionato (in ogni giornata si sfidano le squadre di tutte le categorie, dai sub 10 ai senior). Hanno continuato a correre, saltare, giocare e ridere per tutta la mattina travolgendo tutti e tutto ciò che incontravano, dagli arbitri ai giocatori, dagli allenatori agli artigiani del mercato a fianco del campo. Mano Elias e mano Luis, i nostri nuovi accompagnatori, trascinati anch’essi dall’entusiasmo, si sono integrati perfettamente nel gruppo e sono stati proclamati dalle ragazzine come nuovi allenatori, nonostante fosse la prima volta che prendevano in mano un pallone da rugby – che, come ha sostenuto mano Luis alla prima vista dell’ovale: “oh ma sto pallone da rugby è proprio a forma di pane!” e noi non ce la facevamo più dal ridere mentre fingeva di ingoiare il pallone. E, a proposito di pane, ste ragazzine sono talmente eccezionali che a metà mattinata hanno messo insieme le monetine che avevano (tenute nascoste nelle scarpe) per comprare 17 panini e 40 badjia (delle frittelle di fagioli tipiche di qui) e hanno diviso la merenda tra tutti noi. A vederle, dei bambini di un’altra squadra hanno detto al loro allenatore: “anche noi vogliamo fare così”. Incredibili, davvero.
Non contente, prima di andare via abbiamo dovuto discutere una buona mezz’ora perché “zia Irene andiamo in spiaggia a fare il bagno per favoreeeee!”. Però, mi dispiace ammetterlo, questo ho dovuto negarglielo, ma comunque prometterlo per una prossima volta. Sono un torrente in piena, davvero, che coinvolge tutto ciò che incontra. Tutti quelli che abbiamo incontrato, dall’autobus fino al campo, sono rimasti meravigliati dalla potenza di questo gruppo di ragazzine.
Incredibili, davvero (non mi stanco di ripeterlo, né di pensarlo).
A partire da ora, quindi, ogni due settimane circa abbiamo la partita del campionato; la successiva convocazione è stata un’altra commedia, tra pianti dei non convocati e un numero sempre crescente di ragazzine che vengono solo a vedere, tra chi prometteva di cucinare spezzatino per tutti e chi tremava già all’idea di quella corsa nel buio per arrivare all’albero alle 6 del mattino. Persino i due allenatori, quelli veri, Pepe e Dariva, si sono fatti trascinare dall’emozione e a fine allenamento mi hanno dato dei soldi per pagare il trasporto ai non convocati affinché potessero per lo meno venire ad assistere (e questo, signori, è un successo cla-mo-ro-so).